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venerdì 19 maggio 2017

"SCAPPA - GET OUT": LA RECENSIONE

Dopo il grande successo ottenuto negli Stati Uniti, è arrivato anche nelle sale italiane, dal 18 maggio, “Scappa – Get Out” , film horror-thriller diretto da Jordan Peele. Di horror in realtà il film ha ben poco, a parte qualche sussulto dovuto soprattutto a spaventosi effetti sonori. Il film è sostanzialmente un thriller con alcuni tratti di commedia che alleggeriscono la tensione generale.
La trama si concentra sul problema del razzismo, seppur nascosto, da parte di borghesi bianchi nel sud degli Stati Uniti. Il protagonista è Chris, ragazzo di colore fidanzato con Rose, bianca e di buona famiglia. Insieme vanno a conoscere la famiglia di lei, all’oscuro del fatto che il fidanzato della figlia sia nero. Nonostante la diffidenza di Chris, Rose lo convince del fatto che per loro non sarà un problema e in effetti il primo elemento di stupore lo si ha nel momento in cui i genitori di lei accolgono lui in maniera del tutto normale, come se non fossero affatto sorpresi di ritrovarsi di fronte un ragazzo nero. Iniziano a verificarsi a questo punto delle situazioni ambigue che spesso hanno per protagonisti il giardiniere e la cameriera di casa, entrambi di colore. Nella pellicola il razzismo viene affrontato in maniera non del tutto evidente, lasciando però intuire subito allo spettatore che nulla è come sembra.
La prima ora del film scorre piuttosto tranquilla, a tratti anche lentamente, ma gli ultimi 40 minuti recuperano alla grande l’attenzione del pubblico in un crescendo di tensione che non si smorza fino alla fine del film. Tante cose poco chiare viste all’inizio, vanno a comporre poi il puzzle finale e si capisce perfettamente perché sono avvenute. Il regista porta lo spettatore a costruire da solo un filo logico e a collegare tutti gli avvenimenti precedenti che magari, prima, potevano sembrare privi di importanza.
Lavorando sull’idea di schiavismo, più che di razzismo, “Scappa” riesce a raccontare qualcosa che finora il cinema non era riuscito a raccontare, soprattutto in un film horror. Ma come detto in precendenza, non aspettatevi di vedere il film più pauroso della vostra vita, perché il regista gioca più che altro sul mistero, sul fatto che in quella casa ci sia qualcosa di inquietante ma non si riesce a capire cosa. Anche perché la famiglia Armitage sembra a posto, a parte la mania della madre di riuscire a ipnotizzare qualcuno per farlo smettere di fumare. Fin dalla primissima scena si capisce subito il messaggio che il film vuole lanciare, ovvero la difficoltà di essere un afroamericano residente in America. Se dunque una volta era l’uomo nero a mettere paura e ad essere il cattivo di turno, questo film evidenzia come oggi le cose negli Stati Uniti siano cambiate, nonostante l’era Obama, anch’essa più volte citata dai protagonisti. La vera svolta del film avviene nel momento in cui Chris scopre una scatola con delle foto di Rose; ognuna di esse la raffigura con un ragazzo di colore diverso. A differenza di quanto dichiarato da lei, prima di Chris, i suoi fidanzati erano stati tutti neri. Da qui appare subito chiaro che le cose non quadrano ed inizia così a crescere in chi guarda il film  un mix di tensione, paura, ansia e incredulità che culminerà solo nel finale.
Non anticipo altro per non rovinare la sorpresa a chi deve ancora vedere il film, ma di certo ciò che si scoprirà dopo è davvero impensabile e lascia il pubblico sbalordito, con delle scene piuttosto forti dove non manca un bel po’ di sangue. Del resto il padre di Rose è un neurochirurgo…quale piano potrebbe mai voler mettere in atto su Chris?

1 commento:

  1. Non potevo non leggere questa recensione e commentarla. Concordo a pieno il tuo giudizio, un film che è riuscito a tenermi incollato allp schermo soprattutto dalla seconda parte in poi. Lo consiglio anch'io :)

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